
Valerio Molinari (CCSC): “Non siamo più davanti a una semplice minaccia, ma nel cuore del problema. Ogni ritardo si misura in vite, territori e milioni di euro.”
Milano, 24 Settembre 2025 – All’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il Presidente USA Donald Trump ha messo in discussione la crisi climatica parlando di allarmismo europeo e delle Nazioni Unite. Ma, almeno in Italia, i dati raccontano un’altra realtà: il cambiamento climatico è già emergenza quotidiana. Lo conferma il nuovo report del Centro Studi sul Cambiamento Climatico (CCSC), sintesi dei 20 report regionali già prodotti nel corso degli ultimi 24 mesi, ed oggi aggiornati agli ultimi dati,che fotografa un Paese fragile, impreparato e a rischio crescente.
C’è infatti una nuova mappa dell’Italia. Non disegnata dai confini, ma dai danni: quelli lasciati da piogge torrenziali, grandinate furiose, ondate di calore e siccità che prosciugano bacini, raccolti e riserve. È la mappa della crisi climatica, ed è già qui.
Il nuovo report del Centro Studi sul Cambiamento Climatico (CCSC) offre un quadro allarmante ma preciso: 351 eventi climatici estremi solo nel 2024, di cui 198 al Nord. L’Emilia-Romagna da sola ha subito oltre 50 episodi distruttivi, tra cui il ciclone Boris, che ha trasformato interi bacini fluviali in bombe idrauliche. In Lombardia, tra maggio e ottobre, sono caduti oltre 1.000 mm di pioggia, con frane, allagamenti e blackout su vasta scala.
“Questa non è un’anticipazione. È la cronaca del presente – avverte Valerio Molinari, presidente del CCSC -. Le proiezioni che guardavamo con preoccupazione cinque anni fa sono diventate bollettini quotidiani. Il clima ha già cambiato il nostro Paese. E noi continuiamo a rincorrere, anziché prevenire.”
Un Paese fragile, un clima impazzito
Il Sud e le Isole affrontano il lato opposto dello stesso disastro: la siccità cronica. In Sicilia, il 2024 ha visto precipitazioni inferiori del 40% rispetto alla media storica, con province come Ragusa e Caltanissetta ai minimi assoluti. L’acqua viene razionata, le aziende agricole chiudono, i pascoli scompaiono. In Sardegna, i bacini artificiali sono al 52% della capacità, con zone dove l’acqua è trattata come risorsa da protezione civile.
Nel frattempo, il riscaldamento accelera. Dal 2010 al 2024, i giorni con oltre 35°C sono raddoppiati. A Roma si è passati da 4 a quasi 28 giorni roventi all’anno. Terni è oggi la città più calda d’Italia: 49 giorni sopra i 35 gradi solo nel 2024.
Il prezzo dell’immobilismo
La crisi climatica non è solo ambientale: è economica, infrastrutturale, sociale. Secondo il CCSC, ogni euro investito in prevenzione oggi ne evita almeno sei in danni e ricostruzioni future. Ma l’Italia continua a spendere, peraltro quando e se spende, dopo, non prima.
Nel biennio 2023–2024 si sono verificati eventi con tempi di ritorno di oltre 200 anni in aree densamente urbanizzate: Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna. Fiumi come il Lamone, l’Idice o il Lambro sono esondati più volte. A Macugnaga (VB), in una sola notte sono caduti oltre 550 mm di pioggia, con colate di detriti e frazioni isolate.
Pianificare oggi è sopravvivere domani
Il cuore del messaggio del CCSC è semplice, ma dirompente: o si pianifica, o si paga. Non c’è più margine per improvvisare. L’Italia deve anticipare, prevenire, gestire.
Serve un approccio integrato, concreto, operativo. Il report evidenzia tre priorità:
- Riqualificare con urgenza la rete idrica, che oggi disperde fino al 45% dell’acqua potabile;
- Avviare piani seri di manutenzione del suolo e difesa delle coste;
- Costruire strategie regionali di adattamento basate su dati predittivi e geolocalizzati, per sapere dove colpirà il prossimo evento estremo e intervenire in tempo.
“Possediamo strumenti scientifici e tecnologie capaci di misurare la resilienza delle infrastrutture – ricorda Molinari -. Ma sapere non basta. Senza interventi, quei dati restano lettera morta. L’adattamento climatico non è un lusso: è la base della sicurezza nazionale.”
Il CCSC propone un modello operativo nazionale che unisca dati climatici, rischio idrogeologico e priorità infrastrutturali. Un’agenda climatica concreta, costruita con sufficiente anticipo, per evitare che la prossima alluvione o siccità diventi un’altra tragedia annunciata.
Il futuro che ci aspetta, se non cambiamo ora
Lo scenario più critico prevede +6°C di aumento medio in Italia entro il 2100. Le notti tropicali supereranno quota 110 all’anno nelle città. Le piogge saranno rare, ma estreme: concentrate in 24-48 ore, in un Paese dove la rete fognaria non è pronta.
Oltre 7.400 comuni italiani sono già a rischio frana o alluvione secondo ISPRA. Le coste arretrano: il 17,9% dei litorali è già soggetto a erosione grave. E l’effetto domino sulle infrastrutture, sull’economia e sulla salute collettiva è inarrestabile, se non agiamo subito.
“Abbiamo la possibilità di cambiare rotta. Ma dobbiamo volerlo davvero – conclude Molinari -. Questa volta non potremo dire che non lo sapevamo, e soprattutto che le istituzioni non ne fossero al corrente, atteso che ciascuno dei report prodotti negli anni è stato puntualmente inviato a tutte le istituzioni territoriali competenti, regione per regione”